Uno maggio libero e pensante 2018: i temi della manifestazione

Ormai da tempo e nei luoghi che contano – quelli in cui i pochi detentori della maggior parte della ricchezza del mondo si incontrano per decidere delle nostre vite e di come sarà il nostro futuro – si parla di quarta rivoluzione industriale e dell’importanza che rivestirà l’Intelligenza Artificiale nello sviluppo economico delle imprese. Si lavora affinché i robot possano sostituire l’uomo non solo nelle catene di montaggio ma anche nel lavoro di ufficio, si ipotizza una perdita di lavoro pari a 7 milioni di posti a fronte della creazione di 2 milioni di nuovi posti di lavoro, con un saldo negativo di 5 milioni.
Dopo il fallimento, oramai evidente, della globalizzazione che ha sancito il principio in base al quale si condividono le perdite e si privatizzano i profitti in modo che i più ricchi e potenti continuino ad accumulare ricchezza e potere a scapito del resto del mondo, stiamo per subire la quarta rivoluzione industriale, facendo un salto infinito e senza paracadute.
E se in altri paesi si cerca di ragionare sulle misure per attenuare il colpo, in Italia si scardina il sistema sociale distruggendo servizi essenziali come la sanità o la scuola in nome di un “ce lo chiede l’Europa” che vale, però, a corrente alternata.
Il futuro di Taranto non è avulso da questo cambiamento epocale, anzi la nostra città, con tutte le sue fabbriche obsolete, potrebbe avere tutte le carte in regola per cavalcare l’onda del progresso, declinandolo nella sua forma più umana e più collettivo, all’impronta della vera rivoluzione, quella culturale, che passi attraverso una prospettiva diversa a cominciare dall’istruzione, ricucendo lo strappo indotto dalla monocultura dell’acciaio e il suo benessere a tempo, visibilmente scaduto, fra i giovani, il loro futuro e il territorio su cui costruirlo, consapevolmente padroni del patrimonio storico e naturale di cui gode.
In un epoca in cui l’automazione e la cosiddetta intelligenza artificiale la faranno da padrone come si collocano fabbriche come Ilva, Eni, Cementir e discariche? In un convegno che si è svolto a Taranto alla fine del 2017 i segretari nazionali di Cgil e Fiom hanno dichiarato che è impensabile chiedere la chiusura di una fabbrica che produce acciaio, proprio ora che si parla di industria 4.0 e che sono in gioco le sorti dell’Italia.
Le vite dei lavoratori dell’Ilva e dei tarantini invece possono essere sacrificate sull’altare della settima potenza industriale che, altrove, è riuscita a coniugare salute e lavoro ma chissà perché a Taranto sembra una impresa ardua.
Un’idea di futuro differente è presente nelle nostre menti e nei nostri cuori dal 02 agosto 2012.
Questi anni sono stati faticosi; il sequestro disposto dalla magistratura dell’acciaieria più grande d’Europa ha messo in chiaro che quel lavoro, più che darci da mangiare, ci stava divorando, lasciando resti prevedibilmente inutilizzabili anche dai sopravvissuti; anni in cui anche noi cittadini, affamati di vita, ci siamo divorati l’un l’altro prima di capire che gli unici a poter fare il bene di Taranto eravamo solo noi. La scoperta del secolo! Finalmente tutti abbiamo aperto gli occhi e dato la svolta decisiva alla battaglia che oggi possiamo dire di aver vinto.

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