L’alleanza con la terra e chi la lavora

Nonostante i movimenti italiani per la giustizia ambientale si riconoscano tutti nella difesa della terra e ogni rivendicazione politica dal basso vada innanzitutto nella direzione della salvaguardia della natura, lo stesso concetto di “terra” viene più comunemente inteso come ideale luogo del vivere (urbano o rurale) e non come reale modello spirituale, politico, produttivo ed ecologico o come possibilità occupazionale. Le campagne sono, in definitiva, periferie non solo geografiche, ma mentali.

A differenza del Sud America e dei sud mondiali in cui le popolazioni indigene – a causa di un interminabile e brutale sfruttamento dei territori e dei gruppi subalterni – hanno mantenuto nel tempo un contatto diretto con la terra e i suoi archetipi, nelle aree meridionali del nord globalizzato l’agricoltura è stata eradicata dall’immaginario collettivo come possibilità di realizzazione personale, identificata dall’economia dello sviluppo a tutti i costi con l’arretratezza culturale e, a seguito delle politiche agricole intraprese, del tutto assimilata ad attività di tipo industriale. L’agricoltura, al contrario, nella sua declinazione contadina ed agroecologica, è una risposta concreta a molte delle crisi moderne.

Nello specifico, potrebbe costituire un argine allo spopolamento delle aree interne del paese, ai cambiamenti climatici, alla devastazione ambientale condotta come guerra a bassa intensità su tutti i territori, all’emorragia di sovranità alimentare e all’assenza di sicurezza alimentare, alla disoccupazione, all’economia lineare, al fenomeno Terra dei Fuochi e – infine – allo smarrimento dell’umanità intesa come esperienza collettiva del “noi”, così come al dissolversi della democrazia in quanto esperienza di autonomia radicale.

Non da ultimo, anche l’indagine sull’indissolubile rapporto esistente tra lotte per la terra e lotte per i diritti delle donne (come contraltare a quello insistente tra distruzione degli ecosistemi e patriarcato) alla luce dell’attuale condizione dell’imprenditoria agricola al femminile, delineerà ulteriormente l’importanza capitale dell’alleanza di ogni comunità con la terra, ma soprattutto con chi la lavora e lotta per essa direttamente nel campo.

Comprendere quanto sia indispensabile la figura dei contadini e delle contadine, il cui numero in Italia nel secondo dopoguerra è scemato dal 50% al 3%, è fondamentale per una lettura de-coloniale della categoria “terra” e una prospettiva per il futuro del pianeta che, proprio dalla terra, trae significante e significato.

Non un addio ma un arrivederci

La quinta edizione #unomaggiotaranto non si farà, almeno per quest’anno. È quindi un arrivederci, non un addio. Il Comitato Cittadini Lavoratori Liberi e Pensanti ha ragionato a lungo sull’opportunità di organizzare anche nel 2017 il più grande evento musicale e di lotta dal basso del Sud Italia, maturando infine una decisione sofferta ma necessaria visto il particolare momento storico che sta vivendo Taranto. #unomaggiotaranto è nato nel 2013 dalla forza di volontà di un gruppo di persone che volevano, e vogliono ancora oggi, dare alla propria città un palcoscenico migliore, capace di mostrarla con tutta la sua forza e la sua volontà di cambiamen to, pronta a ribaltare un destino che l’ha vista per anni ai margini, inghiottita dalla spirale mortale dell’inquinamento industriale, politico e sindacale.

Grazie a #unomaggiotaranto è cambiata la narrazione e la percezione della città, le forze sane e libere del territorio hanno messo su un vero e proprio esempio di rinascita che ha coinvolto grandi artisti e tantissime testimonianze di resistenza da tutta Italia.

Unomaggiotaranto è nato dal basso e dal basso ha raccolto un aiuto concreto perché potesse realizzarsi. Non smetteremo mai di ringraziare il supporto delle piccole imprese, dei commercianti, degli albergatori e dei ristoratori che hanno visto nell’enorme affluenza al Parco Archeologico delle Mura Greche un’opportunità economica di grande respiro. Soprattutto ci piace sottolineare il contributo libero dei cittadini, il cui sostegno ci ha spinti ad andare avanti sempre. Abbiamo proposto tantissimi dibattiti politici e abbiamo portato sul nostro palco innumerevoli voci in questi anni. Da Gino Strada a Varoufakis, da Egidia Beretta madre di Vittorio Arrigoni a Patrizia Moretti mamma di Federico Aldrovrandi, da comitati e associazioni come “Le mamme della terra dei fuochi” ai lavoratori della Thyssenkrupp e ai No Tav. Come non ricordare le esibizioni live di artisti del calibro di Caparezza, Vinicio Capossela, Subsonica, Fiorella Mannola, Litfiba, Daniele Silvestri, Niccolò Fabi, Afterhours e tantissimi altri ancora.

E allora perché questa scelta?

Il Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti si è sempre distinto per la sua coerenza percio riteniamo, coerente mente con gli ideali che portiamo avanti da sempre, di dover dare a tutti un segnale forte. Un segnale forte alla politica perché non faccia di questa manifestazione uno strumento per l’imminente campagna elettorale pro o contro qualcuno.

Un segnale forte alle forze oscure di questa città pronte a utilizzare per scopi elettorali e politici tutto ciò che ruota intorno a #unomaggiotaranto.

Un segnale forte alla città perché quando si spengono le luci, finito lo show e pulito il parco (poi nuovamente abbandonato dall’amministrazione comunale) il Comitato non resti solo a combattere per i restanti 364 giorni contro le ingiustizie di questo territorio. Perché Taranto siamo tutti noi!

Un segnale forte a questa amministrazione comunale da noi sempre osteggiata, che l’anno scorso ha permesso coscientemente l’abusivismo con una mancanza di controllo da parte delle autorità preposte. Impossibile non ricordare lo sciopero della polizia municipale indetto casualmente proprio la giornata del Primo Maggio e che ha provocato gravissime ripercussioni economiche sulla manifestazione.

Ma soprattutto un segnale forte lo dobbiamo dare a noi stessi per quello che siamo riusciti a fare e per quello che saremo capaci di fare per il futuro di questo grande concerto.

Ci mancherà la concitazione di quei giorni, l’atmosfera elettrica che si respira in città, le jam session improvvisate nei locali di Taranto, i tecnici che si arrampicano sulle torri sotto lo sguardo attento dei ragazzi appena usciti da scuola, gli stand che iniziano a riempirsi di colori e ad illuminarsi la sera.

Ci mancheranno persino le assurde lamentele dei condomini vicini al parco, forse preferiscono lo stato di abbandono del resto dell’anno? Ci mancherà la musica e ci mancheranno le parole di lotta.

Ci mancherà tutto questo, ma è un sacrificio necessario a rendere questo evento ancora più forte. Magari il “silenzio di quei giorni e il parco vuoto ci aiuteranno a riflettere su quanto ancora sia lunga la strada per restituire la dignità a questa città difficile. Arrivederci al prossimo anno, #unomaggiotaranto2018.

“Cronaca riscritta di una morte che non ci va giù: Taranto, secondo loro”

“Si narra che negli anni ’60 un gruppo di politici pugliesi, d’accordo con quelli romani, si sedette attorno ad un tavolo per decidere le sorti della Puglia: purtroppo i verbali di quelle riunioni top secret sono andati persi ma i frutti di quel progetto li raccogliamo ancora oggi e spesso a schiena curva. Molte volte ci ritroviamo stanchi perché pare che ogni tentativo di denuncia, ogni sforzo di ristabilire la legalità nel paese di nessuno, ogni tentativo di riscrivere il nostro futuro sia illegittimo e, irreversibilmente impossibile, ma noi non ci arrendiamo, la schiena vogliamo tenerla dritta e tutto questo lo ricorderemo ancora una volta.

Taranto, l’abbiamo detto tante volte, è stata scelta per essere sacrificata in nome di una nazione che ha saputo prendersi la parte più bella, le risorse più fertili mentre ha trasformato freddamente la nostra oasi paradisiaca, osannata da poeti e scrittori, in una terra sterile popolata da automi. L’industrializzazione che avrebbe dovuto sanare, secondo alcuni, il divario perdurante dello sviluppo socio economico fra nord e sud e che avrebbe dovuto chiudere per sempre la questione meridionale, ha invece ottenuto l’effetto di facciata e parziale, di rendere somiglianti i territori della penisola, segnando per contro nella realtà il passo di un gravissimo abbandono sistematico delle aree agricole, di un minore interesse ai processi di alfabetizzazione e di un danno incalcolabile alle risorse naturali. Evidentemente a nessuno interessava che le cose andassero diversamente e fra ipotesi di assistenzialismo e relative accuse di rappresentare la cosiddetta palla al piede del paese, si è stabilito con cura, nel corso dei decenni a seguire, lo spazio nel quale l’intero Sud doveva essere condannato a rimanere e del quale Taranto sarebbe stata un tragico emblema. Come se l’unità non fosse mai stata pienamente raggiunta, la nostra città diventa terra di conquista da parte del suo stesso paese. Conquista nel senso più avido possibile, quella in cui ci si nutre della linfa vitale altrui per poi denigrare chi è stato lasciato senza forze.

Col miraggio di una ricchezza duratura e infinita si è portato avanti un selvaggio sfruttamento del nostro territorio, con l’intento, raggiunto, di saccheggiare non solo le nostre risorse, ma anche la nostra capacità di pensare e di sognare un futuro diverso. E’ bastato non distribuire equamente gli investimenti nello sviluppo dell’istruzione, nello sviluppo delle vie di comunicazione e nello sviluppo della sanità. Nel giro di pochi decenni si è ripresentato lo spettro dell’emigrazione, non più o non soltanto per accaparrarsi un lavoro ma per accedere allo studio e infine per curarsi.

Messi deliberatamente all’angolo, e, con la chimera di un futuro che non può prescindere dall’acciaio, l’inganno continua, si perpetua ancora oggi.

Cos’altro sono i nove decreti emanati negli ultimi tre anni? Cos’altro è stato l’accordo di Genova pensato dai lontani anni ’80, a cui ancora oggi si rifanno le istanze degli operai genovesi?

Cos’altro è stato il dualismo con cui i sindacati hanno vigilato e tutelato le vicende industriali, pubbliche e private, del Sud? Cos’altro è il presunto piano di “decarbonizzazione” del Presidente della Regione Puglia se non una nuova sottomissione alle lobby del gas? Cos’altro sarà l’ingresso degli investitori cinesi nella salvezza di un siderurgico che nessuno vuole veramente e tantomeno per intero? Cos’altro possiamo pensare di questa durevole intesa, in oltre mezzo secolo, fra stato e sindacati se non che si tratti di una successione di atti riguardanti un unico piano?

La questione aperta, apparentemente, nel 2012 rischia quest’anno di essere chiusa nel peggiore dei modi. Lasciando Taranto e i tarantini in una desertica terra di passaggio per un mercato dal quale saremo esclusi e dal quale ci stiamo già adoperando per escludere i popoli che, al pari nostro, continuano ad essere colonizzati”.

 

Taranto secondo noi

“Ad una politica sfrenata e irresponsabile, che non accenna a cambiare verso in tutto il paese, che alimenta piuttosto che combattere l’attitudine diffusa alla corruzione, alla collusione e al profitto, a questa politica che da noi assume, troppo spesso, i contorni macabri della malattia e della morte, NOI RISPONDIAMO che Taranto non ha bisogno di nuovi padroni né di altre catene, ma prima che sia troppo tardi la città deve essere compatta, unita nel pretendere una legge che garantisca lavoro e salute, così com’è stato fatto altrove, sfruttando fondi regionali, statali ed europei per salvaguardare il reddito dei lavoratori e finanziare nuovi progetti di sviluppo per una piena occupazione. La proposta che abbiamo presentato, innanzitutto ai lavoratori dell’Ilva, perché sono loro le prime vittime del finto obiettivo di governo e sindacati, della tutela dei quasi 20.000 posti di lavoro, è una proposta aperta, a disposizione di tutti per essere migliorata e perfezionata. Allora ci chiediamo, se effettivamente, tutti quelli che si dichiarano a favore della chiusura dell’Ilva mirino concretamente a quest’obiettivo e non abbiano piuttosto in mente la solita poltrona.

A voler leggere i fatti, senza il compiacimento dell’informazione e dei media assoldati, senza l’ostacolo di schiere di incompetenti che legiferano in ogni ambito, la Storia ci dà ragione quando diciamo che il cancro di Taranto non è solo Ilva: è Marina Militare che è la principale colpevole dell’inquinamento del Mar Piccolo, è Eni che necessita urgentemente del progetto Tempa Rossa che ci verrà imposto in cambio di 300 miseri posti di lavoro, a fronte di decine di migliaia di disoccupati, è Cemerad il cui scandalo potrebbe essere risolto trasformando l’intera area in deposito per ospitare le scorie nucleari, è Italcave che ospiterà i rifiuti brindisini, è Appia Energy, è la discarica Vergine.

Noi affermiamo, con tutto il fiato che abbiamo in gola e lo faremo ancora una volta dal palco del 1° Maggio, che il cancro di Taranto è, soprattutto, la volontà politica, riconoscibile ovunque volgiamo lo sguardo, di tenerla sotto scacco, di impedirle ad ogni costo di prendere coscienza dell’immenso valore che ancora possiede, la volontà malefica di impedirle di sfamarsi con i frutti di cui la natura l’ha generosamente dotata.

Perciò continueremo ad opporci al tentativo di tenerci dormienti e silenti, continueremo a sostenere a voce alta che la chiusura di tutte le fonti inquinanti e la bonifica dell’intera provincia ed il rilancio del territorio attraverso alternative sostenibili sono la sola possibilità di sopravvivenza che abbiamo come persone e come territorio.

Insistiamo sulla possibilità che ancora abbiamo di liberarci di un destino segnato e, come ogni anno, affidiamo al 1° Maggio tarantino il compito di illuminare la nostra città agli occhi di tutti, il compito di farsi portavoce di un messaggio di rivendicazione che grazie alla bellezza della musica, parli della bellezza che quotidianamente viene offesa e ci viene sottratta. Una bellezza che vuol dire ricchezza finora negata, almeno a noi. Beh, noi vogliamo che questa ricchezza ci sia restituita e non ci stancheremo di cercarne il modo: razionalizzazione della gestione dei rifiuti, per evitare che i nostri siti diventino discariche naturali integrate con i territori; incentivazione della mobilità sostenibile per la quale, lo stesso governo, ha già messo a disposizione milioni di euro; valorizzazione del patrimonio storico, artistico, archeologico; incentivazione di una nuova industria manifatturiera capace di integrarsi con i settori dei

Servizi Innovativi e Tecnologici, che potrebbero portare benefici in veri settori dell’economia locale legata alla produzione e diffusione di energia, ai trasporti e alla mobilità sostenibile, all’urbanizzazione innovativa ed inclusiva, alla logistica, alla ricerca, al campo delle telecomunicazioni, progettazione industriale e design, comunicazione e marketing, all’industria della cultura e dello spettacolo, ecc…

Nell’era digitale, poi, una delle più importanti innovazioni nel campo delle relazioni collaborative è “sharing”, ovvero condivisione, intesa come l’utilizzo comune di una risorsa (materiale o mentale), pratica che ridefinisce il nostro sistema di valori e il nostro stile di vita. I settori più interessati sono la mobilità (condivisione di auto, barche,…), coabitazioni con anziani (il silver cohousing) o la condivisione degli spazi nel settore lavorativo, il coworking, che consente migliori interazioni e crescita professionale. La prima città cibernetica del sud che nasce dalle ceneri di una civiltà industriale ormai superata. La nostra città CIBE-SUD, che sta per città della Conoscenza, Intelligente, Benessere, Eco-Sostenibile, Ubiqua, Digitale.

Quest’anno, durante la settimana che precederà l’evento del 1° Maggio, vogliamo vestire Taranto con il suo vestito più bello, quello dell’accoglienza e della promozione dei suoi tesori storici, paesaggistici e culturali: mostre, rassegne cinematografiche, spettacoli teatrali, workshop, eventi sportivi e musicali saranno la novità di questa edizione. La realizzazione di questo cartellone, condiviso con associazioni culturali, movimenti, circoli, scuole, accademie, che abbiamo chiamato “Riconversioni”, vuole dimostrare agli scettici più incalliti che non di sola industria può vivere il tarantino.

Per questo come ogni anno, abbiamo voluto coinvolgere anche i ragazzi perché loro sono la ragione che ci spinge a lottare per un futuro migliore e perché a loro non sia più raccontata la menzogna di una città a vocazione industriale. Il concorso “Immaginando il domani” è rivolto a loro, con lo scopo di rendere protagonisti gli studenti di Taranto e provincia nella partecipazione attiva, perché sperimentino di persona che partecipare alla vita economica, sociale e culturale della città è non solo possibile ma necessario. La premiazione degli elaborati scelti avverrà durante il concerto del 1° Maggio ma, a tutti i lavori, sarà data piena visibilità attraverso i nostri canali affinché possano godere della massima attenzione da parte di tutti, nella piena convinzione che le loro idee siano quelle vincenti.

Il nostro unico obiettivo è quello di restituire ai nostri figli la libertà di restare a Taranto.

Perché questo accada, dobbiamo elaborare, ognuno per la sua competenza, ma tutti accomunati dallo stesso impegno, ogni forma di progettualità che spazi a 360 gradi nella riscoperta e rimodulazione del nostro territorio in una visione moderna della potenza che si emana dalla nostra storia”.

A.P.S. Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti