Veneto | Laura Ghiotto [Mamme NO-PFAS]

L’Associazione Mamme NO-PFAS raccoglie e si fa portavoce dell‘esperienza diretta delle famiglie e della comunità investita dal più vasto episodio documentato a livello internazionale di esposizione umana a PFOA e PFOS e altri PFAS, che si è protratto per decenni e tuttora interessa numerose decine di migliaia di persone che vivono e lavorano nella Regione Veneto.

Le sostanze per e poli-fluoroalchiliche, dette PFAS, sono stati trovati anche in altre regioni italiane ed europee e l’inquinamento è stato veicolato principalmente attraverso l’acqua. Il nostro obiettivo principale è quello di ottenere limiti pari a zero a per i PFAS a livello nazionale ed europeo.

Siamo soprattutto e semplicemente delle MAMME, senza alcuna connotazione politica ed ideologica, accomunate dall’angoscia legata al grave problema che stiamo vivendo, impegnate a difendere la salute dei nostri figli.
Non siamo delle ricercatrici o delle scienziate ma chiediamo aiuto a professionisti che possano aiutarci a capire e conoscere più a fondo le problematiche legate alla contaminazione da sostanze perfluoroalchiliche.

Siamo un gruppo di liberi cittadini che promuovono la conoscenza di queste sostanze chimiche, molto diffuse in ambiente e nelle nostre case ma poco note. Il nostro gruppo è nato da alcune amiche, che confrontandosi sui valori delle analisi, provenienti dello screening su un campione di ragazzi: i valori erano da 5/6 a 40 volte più alti del limite soglia. Lì abbiamo iniziato a cercare informazioni su queste sostanze e preoccupate abbiamo coinvolto altre madri. Via via che le analisi arrivavano nelle case della gente, sempre più persone hanno iniziato a farsi domande. Il gruppo ha iniziato a crescere.
Il primo passo fatto è stato quello di andare dal primo cittadino, il sindaco, affinché garantisse che nelle scuole i bambini e i ragazzi non bevessero più l’acqua dell’acquedotto, e che il cibo delle mense fosse preparato con acqua in bottiglia. A casa la nostra vita è stata stravolta: vedevamo l’acqua del rubinetto come una minaccia che limpida e chiara minacciava la salute delle nostre famiglie: in quei primi momenti tutte le preparazioni, pasta, minestre, thè, caffè …, come pure l’ultimo risciacquo della verdura lo facevamo con l’acqua in bottiglia per evitare ulteriori assunzioni di PFAS.

Cosa sono i PFAS? Sono delle sostanze che hanno delle caratteristiche fantastiche: sono resistenti al calore, sono idrorepellenti e oleorepellenti. Queste caratteristiche hanno permesso che fossero impiegati in moltissimi settori: medico, tessile, galvanico, della pelle, della chimica…

Tutti siamo circondati da queste sostanze:

  • le respiriamo con le polveri che sono all’interno delle nostre case;
  • le assorbiamo tramite la pelle, attraverso i cosmetici, i detergenti e i tessuti;
  • li ingeriamo tramite cibi contaminati o che sono stati a contatto con packaging trattati con i PFAS.

Tutta la popolazione mondiale ne è esposta. Tutti abbiamo un po’ di PFAS nel sangue.

Una volta che queste sostanze chimiche generate dall’uomo entrano nel nostro corpo, il nostro organismo le scambia per ormoni e le trattiene. Ci mettiamo anni ad eliminarli e mentre sono nel nostro sangue e nei nostri tessuti sono un fattore di rischio per numerose malattie.

Proprio per tutelare la salute dei nostri figli ci siamo messe in prima linea per cercare di far capire la necessità improrogabile di avere dei limiti. Il cammino è lungo non riusciamo a vederne la fine.

Il primo passo è stato chiedere i limiti pari a zero per l’acqua del nostro acquedotto; poi abbiamo chiesto che tale limite fosse assunto a livello regionale e ora il Veneto è l’unica regione che abbia posto i limiti per queste sostanze e i gestori degli acquedotti sono obbligati a cercarli. Tuttavia la Regione Veneto, pur avendo fissato dei limiti più stringenti di tutti, non ha attuato una seria politica di prevenzione, controllo e tutela delle acque. Da due anni chiediamo al Ministro dell’ambiente, Galletti prima e Costa poi, di fissare i limiti a livello nazionale e abbiamo ricevuto tante promesse ma nessuna azione concreta.

Abbiamo anche richiesto alla commissione che si occupa della direttiva sull’acqua a consumo umano di valutare l’impatto di queste sostanze per la salute umana, chiedendo anche a loro di fissare i limiti a livello europeo. La sensibilizzazione ha portato all’avvio di commissioni tecniche o studi da cui attendiamo ulteriori risultati.

Nel frattempo il gruppo continua a lavorare a livello locale: collabora con enti ed associazioni sensibili alle tematiche ambientali; collabora con l’università di Padova e Ferrara per alcuni studi di psicologia/sociologia; cerchiamo il supporto dei medici ISDE per essere aggiornati e capire i contenuti tecnici degli studi che vengono fatti e diamo loro supporto concreto quando ce lo chiedono; cerchiamo di mantenere alto il livello di informazione della gente attraverso la diffusione di notizie ed eventi tramite i social a disposizione.

Mentre cerchiamo di mantenere l’attenzione su questo problema, è passato un anno dalla nostra prima partecipazione all’UNOMAGGIO a Taranto. Qui in Veneto l’inquinamento continua ad avanzare: ora ha raggiunto nuove aree, contaminato altre acque e sta mettendo a rischio nuove persone. Il veleno invisibile è un chilometro più vicino a Venezia mentre la fonte dell’inquinamento continua a sversare PFAS, nonostante la barriera idraulica.

Abbiamo chiesto e ottenuto di partecipare alle prossime conferenze dei servizi. Attualmente, visto il fermo generale per COVID 19, tutto è bloccato: non si procede con la caratterizzazione e stiamo chiedendo chiarimenti in merito alla Regione.

Non possiamo accettare che un’azienda chiusa stia ancora inquinando e non venga bonificata la sorgente di un inquinamento che ha già raggiunto più di 300 000 persone e altre saranno a causa dell’inesorabile movimento dell’acqua di falda verso il mare. Noi non potremmo vedere il miglioramento dello stato dell’acqua della nostra immensa falda ma vogliamo sperare che un giorno i nostri figli potranno beneficiare della lotta che stiamo conducendo oggi.

Ricordiamo che questi inquinanti sono biopersistenti, ossia in ambiente si degradano difficilmente: si stima che impieghino almeno un centinaio d’anni. Con questa consapevolezza occorre agire per limitare l’utilizzo di queste sostanze ad usi essenziali fino a quando non si troveranno sostituti dei PFAS con una compatibilità ambientale elevata. Pensiamo a tutti quei lavoratori che utilizzano queste sostanze nelle loro aziende: sono informati dei rischi a cui sono esposti? I lavoratori Miteni sono le persone con il tasso di PFAS più elevato al mondo. Chi tutela ora la loro salute? E chi controlla gli scarichi delle aziende che utilizzano PFAS per evitare che l’ambiente circonstante venga contaminato? Abbiamo bisogno di limiti pari a 0 per queste sostanze!!!! Chiediamo a tutti voi di affiancarci nella nostra lotta attraverso piccole cose quali il consumo responsabile di prodotti e materiali che contengono PFAS. Vi chiediamo di diffondere i messaggi che lanciamo, perché il problema PFAS è un problema comune.